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Guidoriccio da Fogliano, Montemassi



SIMONE MARTINI
Una bandiera che viene dalla storia e dall'arte






Simone Martini, Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi, 1328, Siena, Palazzo Pubblico


Pur mancando ancora la conferma ufficiale, l'XI Convegno nazionale del CISV dovrebbe svolgersi nella primavera del 2005 a Siena. Il nostro socio Ezio Forcella ha intanto elaborato un progetto per la bandiera della manifestazione, ispirandosi alla storia e all'arte della nobile città toscana. Riportiamo qui di seguito testo e disegni originali del progetto. Ringaziamenti a Ezio Forcella.















 


 


 


 


 


 


 



 





 
















 
 




Commenti


Personalmente trovo molto appropriata la scelta della Balzana Senese come base per la bandiera dell'XI Convegno del CISV. Infatti il troncato d'argento e di nero accompagna da secoli molte delle attività della città e figura ancora oggi in moltissime armi ed emblemi delle principali istituzioni cittadine (anche non direttamente legate al Comune). Basti citare, ad esempio, enti come l'Opera del Duomo, l'Opera di S. Maria di Provenzano, il Monte dei Paschi di Siena, l'Arciconfraternita di Misericordia, il Magistrato delle Contrade o il Comitato Amici del Palio. In tutti questi casi, l'arme municipale (o meglio della Città e Stato di Siena, come si diceva una volta) è stata brisata con l'aggiunta di un elemento proprio all'istituzione che doveva essere rappresentata (delle iniziali, una croce, dei monti all'italiana o delle stelle, a seconda dei casi).
La proposta del consocio Forcella ricade quindi appieno in questa tradizione. Mi permetto però di suggerire una lieve modifica al bozzetto. Perché non ridurre il numero delle code da quattro a tre? Tre infatti sono i Terzi in cui la città di Siena è divisa ed il tre (o i suoi multipli) è pressoché onnipresente nella storia delle magistrature senesi. Questa scelta riecheggerebbe un po' il caso dello stendardo veneziano (sei sestieri=sei code), ma a ben guardare anche sulle tende raffigurate nel Guidoriccio compaiono alcune bandiere a tre code. Inoltre, con un po' di fantasia, i due rettangoli vuoti lasciati dalle tre code potrebbero ricordare il numero 11 (in numero arabo), cioè l'undicesimo Convegno CISV.
Vi ringrazio già in anticipo per l'attenzione che vorrete dare a questa mia proposta bizzarra ed auguro un prospero 2005 a tutti i Consoci. Matteo Guidotti

Replica 

La ringrazio per il parere positivo espresso nei confronti della mia proposta per la bandiera del XI Convegno del CISV. Conosciute le argomentazioni storiche da lei addotte riguardo alla Balzana Senese ed alla valenza civica del numero 3 nella storia della città, accolgo il suo suggerimento e condivido l'opportunità di ridurre il numero delle code della bandiera del XI Convegno da quattro a tre. Ezio Forcella



















 






Purtroppo non è stato possibile organizzare a Siena il convegno, che invece, come riportato in altra parte, si terrà a Lucca. Dispiace che - almeno per l'anno in corso - il disegno del nostro socio Forcella non possa essere realizzato. Ciò nulla toglie tuttavia al valore artistico e di ricerca del suo progetto. Ringraziamo sentitamente l'arch. Forcella, tanto più che non ha esitato a rimettersi al lavoro progettando una bandiera anche per l'edizione lucchese del nostro undicesimo incontro. Roberto Breschi
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SCIENZA POVERA


Lo scienziato è un artigiano?


Gennaio 2007


 


Esiste una raccolta di racconti dello scrittore americano Raymond Carver che ha un titolo attraente: Di cosa parliamo quando parliamo d'amore. In questo titolo possiamo scorgere il senso di tutta l'arte ed in fin dei conti del perché, anche se le questioni tra guelfi bianchi e guelfi neri sono ormai morte da tempo, leggere la Divina Commedia è ancora un'esperienza che suscita pensieri ed emozioni così profonde come ammirare la “conversione di Matteo” di Caravaggio, anche se non sappiamo nulla del problema della grazia all’epoca della riforma Cattolica.


L’arte parla sempre di qualcos'altro, così come succede quando parlando di altre cose, in realtà discorriamo d'amore. Questo rimando ad un altrove rispetto all'uso primario ed autoevidente dell'oggetto è condiviso da ogni prodotto artigianale: quando osserviamo un aratro di legno, l’armamento di una vecchia barca a vela, un telaio, o qualsiasi altro manufatto artigianale fatto con cuore e sapienza, anche se ormai non è più in uso o è sorpassato da nuovi e più aggiornati strumenti, è ugualmente pieno di senso. Per chi condivide la fede cristiana, questo “senso in più” ritengo derivi dall’opera della grazia divina nel lavoro dell’uomo, che lo rende unico. Chi non condivide questa prospettiva credente potrà ugualmente apprezzare l’irriducibilità del pezzo, la fusione unica ed irripetibile di funzione e struttura, il distillato di una lunga tradizione di prove ed errori. Si tratta insomma di quello che chiamiamo “sapienza” e che un certo scientismo ha sempre cercato di espellere dall’orizzonte della caricatura filosofica della scienza (non dalla vera scienza).


Non è un caso se sapere e sapienza condividono la stessa radice latina di “sapore”, quella sensazione unica che ci permette di individuare uno specifico alimento. Le produzioni di massa hanno tutte lo stesso sapore, il che corrisponde a dire che non ne hanno alcuno. Ritengo che la scienza sia una delle ultime frontiere dell’artigianato artistico, dove l’uso sapiente (perché unico ed individuale) dei differenti strumenti (metodi statistici, piano sperimentale, scelta dei campioni, strategia di misura) ne garantisce il senso.


Non esiste la ricetta unica e definitiva per risolvere un problema scientifico, non esiste l’algoritmo che esattamente, spingendo un tasto, mi fornisce la risposta che cercavo. Esiste invece un bancone di strumenti (siano essi strumenti materiali o concettuali fa poca differenza) che devo usare con sapienza per aggiustare il mio pezzo… (“aggiustare” ecco un’altra parola piena di risonanze, che ci parla di un continuo e mai definitivo approssimarsi ad un ideale, ben diversa da sostituire o peggio ancora ricomprare).


Quando le nostre teorie saranno sorpassate ed i nostri contenuti datati — questo prima o poi succederà a tutte le teorie scientifiche essendo la scienza (quella vera, non quella strillata dai media) un continuo lavoro in corso in cui nuove scoperte continuamente soppiantano vecchi modi di pensare —ugualmente il nostro lavoro dovrebbe continuare a trasmettere il senso che possiede oltre l'uso immediato, come una poesia o un timone di legno. Questo senso proviene dalla possibilità di individuare in quel “pezzo di scienza” il personale apporto dell'artigiano nella soluzione dei problemi, il suo stile peculiare nel sistemare le argomentazioni, i suoi “trucchi” per far emergere la linea di pensiero, il particolare uso della metodologia statistica, il piano sperimentale. La scienza deve cercare la verità, ma la sua verità è nel cammino, non nel contenuto, la sua è la verità umile dell’artigiano, non la falsa e tronfia verità di chi voglia offrirci un sistema onnicomprensivo e definitivo. La verità della scienza è l’onestà del procedimento argomentativo, è il rigore della metodologia statistica, è la chiarezza dell’ impianto.


La produzione di massa appiattisce le peculiarità. Il grande sforzo collettivo in cui legioni di scienziati “gnomi” partecipano ad un piano che li trascende seguendo un protocollo standard, impedisce di scorgere l'altrove, il valore unico ed inimitabile del singolo pezzo, semplicemente la scienza viene ad essere valutata per il valore qui ed ora del suo prodotto abbattendone il suo carattere di “cultura materiale”.


Il costruttore di trulli in Puglia, di dammusi a Pantelleria, di masi in Trentino, di bagli nel Trapanese era senza dubbio meno informato, meno evoluto, più ignorante, del costruttore delle odierne periferie: ciononostante costruiva opere d'arte ed aumentava la bellezza del mondo mentre il suo omologo distrugge il paesaggio. Il primo era partecipe di una cultura materiale artigiana, il secondo si uniforma a schemi “ottimizzati” e condivisi. Noi scienziati dovremmo orgogliosamente definirci dei costruttori di trulli, rifiutando con orrore il modulo preformato e ripetuto identico da Shangai ad Agrigento.


Di fatto abbiamo di fronte lampante il fallimento totale della disumana (e quindi esteticamente sgradevole) scienza degli gnomi: il completamento della mappa del genoma umano ha ribaltato le premesse con cui era stato iniziato: il cosiddetto dogma della biologia molecolare è crollato, una miriade di regolazioni inaspettate (pattern di metilazione del DNA, degradazione selettiva dell’RNA, polimerasi specifiche, proteine con numerose e diverse funzioni, reti proteiche autoregolantesi) hanno completamente sconvolto il quadro di riferimento della biologia che ancora venti anni fa si presentava orgoglioso e rilucente.


La torre di Babele è andata in pezzi. La bella notizia è che questi pezzi sono sparsi in giro sotto forma di basi di dati su Internet che raccolgono sequenze di acidi nucleici, proteine, reti metaboliche, mappe di interazione. Analogamente a quanto successo alla fine dell’impero romano, queste rovine sono a disposizione di piccoli scienziati artigiani che a costo zero possono cercare nuove ed inusitate collocazioni per queste macerie. Trovare correlazioni inaspettate, regolarità, nuova conoscenza. Per fare questo non c’è bisogno di grandi e complicati strumenti, avanzatissime e misteriose tecnologie. Quell’immagine della scienza  ancora legata al cinema espressionista tedesco di Weimar, al dottor Mabuse, che purtroppo ancora affligge il nostro immaginario collettivo (qualche anno fa mia figlia più piccola mi ha detto «A scuola ho detto che fai lo scienziato, però nonostante ciò, sei buono…»). Oggi qualsiasi ricercatore dotato di un personal computer e di un collegamento in rete può analizzare grandi basi di dati di sequenze di polimeri biologici, interazioni tra proteine, segnali fisiologici. Se il ricercatore ha sufficiente fantasia ed ingegno da riuscire, con un accurato uso di metodologie di analisi dei dati, ad individuare regolarità e relazioni tra proprietà fino ad allora considerate indipendenti; può, praticamente a costo zero, fare dell’ ottima scienza.


Si apre un orizzonte di scienza povera, umile ed artigianale che spero porti ad una profonda e benefica rivoluzione del nostro sguardo scientifico sul mondo, non più da dominatori sprezzanti, ma da amorevoli e stupiti custodi.


 


Alessandro Giuliani


Istituto Superiore di Sanità
Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria



 


 


 


 


 


 



 


 


 


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